City Life Magazine 08 | Page 14

14 CITY LIFE MAGAZINE N.8 Edo Ronchi, nominato Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile nel settembre del 2008, è nato a Treviglio (BG) nel 1950, vive a Roma dal 1978, coniugato e con tre figli, è laureato in Sociologia all’Università di Trento.
Docente di progettazione ambientale, corso di laurea in Architettura del Paesaggio, presso l’Università la Sapienza di Roma, è stato parlamentare, e Ministro dell’ambiente. Fra i fondatori dei Verdi Arcobaleno alla fine degli anni ‘80 e della Federazione dei Verdi all’inizio degli anni’90. Nel 2000, attraverso la Sinistra ecologista, ha aderito al partito dei Democratici di sinistra, venendo successivamente nominato nella Segreteria nazionale. Fra i fondatori nel 2006 dell’associazione degli Ecologisti democratici, è stato eletto all’Assemblea costituente del Partito democratico. Dal 2008 ha lasciato il Senato e non si è ricandidato, nè ha più assunto incarichi politici, dedicandosi a tempo pieno ad attività di studio, ricerca e formazione, in particolare con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile. Studioso ed esperto delle problematiche ambientali e dello sviluppo sostenibile, ha pubblicato numerosi testi. Nel Giugno 2013 viene nominato dal Ministro dell’Ambiente Sub-Commissario ambientale dell’ILVA di Taranto. Presidente, come nasce l’idea di un Green New Deal che parte dalle città? Si tratta di un approccio nuovo che predilige un’impostazione collaborativa, ma responsabilizzante, a una dirigista. È così? “L’idea di un Green New Deal viene mutuata dall’esperienza positiva che UNEP (United Nations Environment Programme) ha adottato in relazione alla crisi finanziaria e poi economica esplosa nel 2008 negli USA; l’idea, in analogia all’originale “New Deal” di Roosevltiana memoria, vuole promuovere un nuovo accordo fra tutte le componenti della Società per rifondare l’economia su un diverso modello di sviluppo ambientale, nel quale stimolare la crescita responsabile ed affermare tante nuove professionalità; un modello che, se implementato ed affinato con continuità, ci potrà accompagnare lungo tutto il corso del 21° secolo. Avendo poi di mira la qualità della vita, non si può non partire dalle città, impostazione che, nel caso italiano, è più che mai appropriata, essendo l’Italia il paese delle 100 province e degli 8000 comuni, e che perciò mal vestirebbe un’impostazione unicamente centralista e dirigista; meglio invece partire dal piccolo, cioè dal locale, per poi risalire verso l’aggregato maggiore”.