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CITY LIFE MAGAZINE
È stato recentemente pubblicato sul sito del
Ministero dello Sviluppo Economico il documento di
consultazione pubblica intorno alla SEN
alcune delle quali ancora da avviarsi. Grande
rilevanza è stata assegnata ai certificati bianchi
e all’intera sfida dell’efficienza energetica, che
con tutta probabilità sarà il driver di questo
decennio. C’è un punto di partenza su cui
concordano tutte le analisi, ed anche la nostra:
finalmente si torna a ragionare di strategia
energetica e a tracciare una progettualità per il
futuro.
Purtroppo, l’orizzonte temporale preso in
considerazione è breve, troppo breve, per
qualunque politica di promozione infrastrutturale,
e ancor di più nel settore energetico, visto che la
SEN si ferma all’incirca al 2020.
Altro punto incerto riguarda l’aspirazione a
far diventare l’Italia un hub del gas, progetto
da circa un decennio in cantiere, che il potere
di veto delle regioni (vedi rigassificatore di
Brindisi), gli interessi di alcune multinazionali
e la crisi degli ultimi anni, stanno stroncando.
Sostanzialmente c’è poca domanda di gas, e di
energia in genere, e la soluzione delle pipelines
è, attualmente, ampiamente sufficiente a
coprire sia la domanda che i costi dei contratti
take-or-pay già siglati. Quindi l’hub euromediterraneo per il gas serve a poco, tanto più
che lo shale gas americano costituisce una
valida alternativa. La verità è che il problema
da economico sta evolvendo in politico poiché
occorre convincere l’Europa sulla necessità e
convenienza a prendersi il gas dalle nostre reti,
dai nostri porti, dai nostri rigassificatori. Altro
punto critico è quello relativo al rilancio della
produzione nazionale di idrocarburi, tramite cui,
secondo il documento: “è possibile raddoppiare
l’attuale produzione, con importanti implicazioni
in termini di investimenti, occupazione, riduzione
della bolletta energetica ed incremento delle
entrate fiscali”. Appare un auspicio di certa
contraddizione, sia endogena, perché la