Cinque perle in fondo al mare Nov 2013 | Page 8

suoi uomini presso Capo Malea, spingendoli oltre l'isola di Citera. Gli indigeni accolsero bene i compagni di Ulisse e offrirono loro il dolce frutto del loto, l'unico alimento di cui disponevano, che però causava la perdita della memoria, quindi l'oblio. Il testo scritto da Vito Pallavicini e da Michelle Vasseur descrive metafore surreali che coinvolgono varie figure quali la donna, che mettendo il piede sopra ad un cielo artificiale cade nel vuoto oppure il passero intento a volare verso cieli veri o come il pesco, nel momento in cui fiorisce e mette dita rosa dentro il blu... I lotofagi moderni cercano nei loro inverni le “rose meccaniche”, in un evoluzione tecnologia, che si prevede sempre più frenetica. Ulisse è vicino ad arrivare alla meta, ma in questa “odissea” le sirene incantatrici diventano dirottatori dalle facce brutte, come recitano i testi del brano intitolato Dirottamento, che musicalmente dona qualche concessione alla disco music imperante in quel periodo: “E pensare che un'ora sola e... ed ero già a casa mia. E pensare che lo stesso sole è sugli alberi della mia via... ecco sono qui, finalmente sono qui, sono qui...”. Il mare è il protagonista anche del brano intitolato New York City, dove tagliato in due da abbagli di neon, Ulisse alias Nessuno sente il vuoto della grande mela; “Qui i montoni ci vengono tutti a sbattere uno ad uno, ma tu sei New York ed io non sono “Nessuno”... Ho nella mente l'idea del mare, tu non me la puoi levare; se chiedi di me, domanda di “Nessuno”. Qui la grande mela è Polifemo il ciclope, da cui Ulisse vuole scappare, sentendosi tradito da questa città: “... sparo nei fari, ti devo accecare, così io potrò scappare: al 7