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interruzioni di flusso, bensì
a fermi di lungo periodo,
come è stato il caso della
Libia quando ci fu il tracollo
di regime di Gheddafi pochi
anni fa. Sostanzialmente
si va a potenziare le due
infrastrutture alternative al
gasdotto, cioè stoccaggi e
rigassificatori. Se ne parla da
anni, quasi un decennio, ma
con risultati molto modesti. In
effetti due rigassificatori sono
stati realizzati (porto Viro e
Livorno) e si è poi potenziato
quello storico di Panigaglia.
Tuttavia, l’importante piano
di potenziamento che doveva
coinvolgere tutta la penisola
si è di molto rallentato,
principalmente a causa della
crisi economica generale
e di quella del settore
gas in particolare. Siamo
infatti precipitati ai livelli di
consumo del 1998 e le nuove
infrastrutture non hanno più il
sufficiente ritorno economico
per l’investimento effettuato.
Peraltro, in queste condizioni
di ordinarietà risulterebbero
ridondanti e non sfruttate
appieno, come è stato per il
rigassificatore di Livorno, poi
classificato come “struttura
SCENARIO
alle richieste della punta,
coprendo la parte mancante
di una linea con quella di
altra infrastruttura il cui gas
proveniente da altro paese.
Si noti che tale obbligo
comporterebbe a carico
di un’azienda importatrice
il dovere di accendere un
nuovo e/o diverso contratto
presso altro paese, anche se
solo e/o espressamente per
questo servizio di copertura.
Va detto che in una certa
misura il provvedimento
è stato contemplato dalle
compagnie, ma sarebbe
bene fissare una procedura
a loro onere e responsabilità,
indipendentemente dai
prelievi effettivi. Quello che si
vuole evitare è, specie in caso
di calo durevole dei prelievi,
che le aziende importatrici
a causa dell’obbligo di
pagamento tipici del contratto
TOP, si mettano a fare da
banca del gas verso altri
paesi, non tanto sugli importi
di gas non ritirato, quanto
sulle quote di sicurezza.
2. Il secondo ordine d’intervento
è più profondo ed è finalizzato
per rispondere non a
semplici diminuzioni o parziali