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La visione centralistica della persona, derivata da un novello “Io” scientifico e pre-illuminista non portò tuttavia alla formulazione di un’estetica del reale: la finzione scenica durante il Barocco fu de facto fondamentale ed apprezzatissima. Basti pensare ai “castrati”, tanto di moda nel periodo. Quelle voci irreali, non configurabili all’interno di parametri naturali, non femminili né maschili, si prestavano perfettamente a rappresentare eroi e dei, personaggi al confine tra la storia ed il mito. D’altro canto la prospettiva umanistica non annullò la ricerca di spiritualità da parte degli artisti barocchi. Al contrario, ebbe luogo una ricerca di trascendenza su due fronti: da un lato, ad opera di autori quali J. S. Bach, che protesero al Pantocreatore attraverso le più alte strutture compositive e matematiche, anelando a un ponte spirituale tra mens humana e mens divina; dall’altro, grazie a compositori che come Claudio Monteverdi, anche occupandosi esclusivamente di musica profana, compirono una profonda indagine psicologica dei personaggi, ricercando ogni espediente per suscitare nell’ascoltatore le emozioni più profonde ed autentiche. E’ il tempo della retorica musicale e della teoria degli affetti. Il Barocco fu di sicuro un periodo di democrazia creativa: i compositori italiani d’opera, a partire dal 1637 (anno di istituzione del primo teatro impresariale), iniziarono ad avere come unico giudice e referente il proprio pubblico, al gusto del quale indirizzarsi. È tuttavia altrettanto vero che oltralpe fu il tempo dei grandi sovrani illuminati. Il Re Sole, provetto ballerino ed amante della musica egli stesso, probabilmente influenzò più di ogni altro sovrano il corso della musica, direttamente ed indirettamente. Ci chiediamo: è forse la fede indubitabile nella struttura sociale di tipo piramidale a rafforzare così tanto l’idea di tonalità? 33