La protezione catodica
armature devono essere polarizzate catodicamente mediante l’applicazione di una
corrente catodica continua fino a raggiungere il potenziale di protezione. Diversa-
mente dalle opere in mare o nel terreno, che sono protette in condizioni di immunità
o quasi immunità, le armature in calcestruzzo armato sono protette in condizioni di
passività perfetta, a potenziali di protezione non così negativi (si può operare a -0.5
V / -0.6 V CSE).
Negli anni ’80 Pietro Pedeferri mise a punto una nuova tecnica, da lui chiamata “pre-
venzione catodica”, da applicare a opere nuove non ancora soggette a corrosione.
La prima applicazione fu eseguita in Italia nel 1989 sul viadotto San Nicola (auto-
strada A24). Egli definì questa tecnica “un metodo di manutenzione preventiva di
strutture nuove che si pensano posso essere inquinate da cloruri”. In questo caso,
l’abbassamento del potenziale realizzato quando le armature sono ancora passive,
consente di aumentare notevolmente il tenore critico di cloruri necessario all’innesco
della corrosione. I criteri e i principi di tale tecnica sono riconosciuti a livello interna-
zionale e riportati nelle normative di settore. Differenziandosi per ambiente ed appli-
cazione dai classici sistemi di protezione catodica nei terreni, gli impianti dedicati alla
protezione delle armature nel calcestruzzo hanno caratteristiche peculiari ed uniche
legate al particolare ambiente in cui devono operare. La resistività elettrica del cal-
cestruzzo è estremamente elevata e varia a seconda delle condizioni di umidità del
calcestruzzo stesso.
Anche in questo caso i sistemi disponibili sono due: ad anodi galvanici e a corren-
te impressa. Vista l’elevata resistività del calcestruzzo, il 90-95% delle applicazioni
sfrutta impianti a corrente impressa.
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