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La protezione catodica O sservando con sguardo distaccato e critico la situazione della distribuzione idrica del nostro paese emergono subito alcuni fatti importanti che caratte- rizzano, purtroppo in modo negativo, la qualità delle nostre infrastrutture di distribuzione e in generale del nostro “Sistema Acqua”. A fianco di un consumo pro capite annuo che è più alto del 10% della media europea (53,6 m 3 /y) e di una morosità del 4%, quasi doppia dei valori riscontrati per la distribuzione di gas naturale ed energia elettrica, troviamo il dato tristemente significativo delle perdite che si attesta sul valore del 37% come media nazionale, con punte del 55% in alcune zone del sud e delle iso- le. Questo dato può essere parzialmente correlato al fatto che le nostre condotte sono abbastanza avanti con gli anni, infatti il 36% di esse è più vecchio di 30 anni ed il 24% supera i 50 anni di età, contro una vita utile programmata di 40 anni. Le conseguenze di tale situazione sono evidenti, aumentano drasticamente gli inter- venti di riparazione e di conseguenza diminuiscono le risorse disponibili per una messa in sicurezza più razionale e per lo sviluppo delle reti stesse, portando talvolta a situa- zioni di vera emergenza come nel caso delle crisi di siccità nelle estati degli ultimi anni. Tra gli strumenti a disposizione degli operatori delle reti idriche interrate, la protezione catodica gioca, assieme alle altre tecniche di protezione, un ruolo chiave nella preven- zione dei danni alle condotte dovuti alla corrosione, fornendo uno strumento utile alla conservazione delle reti stesse e alla garanzia della qualità del servizio; questo soprat- tutto se già previsto in fase di progettazione delle nuove infrastrutture o adeguamento di quelle esistenti. Numerosi sono gli esempi di applicazione della protezione catodica a sistemi di tra- sporto e distribuzione acqua. Un impianto di protezione catodica è in grado di gestire 17