La protezione catodica
S
iamo nel lontano 1824 quando la marina militare inglese, al fine di prevenire la
corrosione degli scafi delle proprie navi, decide di sperimentare una scoperta
del chimico Sir Humphry Davy applicando alle piastre di rame dello scafo del-
la HMS Samarang degli anodi in ferro. L’esperimento riesce ma i risultati sono oltre
le aspettative; il rame non si corrode più, ma in questo modo non rilascia più quelle
sostanze che impediscono la formazione di vegetazione sullo scafo. Con lo scafo
coperto di cozze e telline la nave perde troppa velocità; l’esperimento viene quindi
momentaneamente abbandonato, ma intanto è nata la protezione catodica.
Da allora molte cose sono cambiate. Ai giorni nostri la protezione catodica è utiliz-
zata in varie forme su tutte le imbarcazioni in metallo del mondo oltre che per ogni
struttura metallica sommersa che debba essere protetta dalla corrosione.
L’acqua di mare è infatti un ambiente estremamente corrosivo; è un elettrolita molto
efficiente a causa della grande quantità di sali disciolti in essa, l’alta concentrazione
di cloruri favorisce l’innescarsi di fenomeni di vaiolatura e la costante presenza di
ossigeno, nelle acque a contatto con l’atmosfera e soprattutto nelle zone di onda o
di marea, fornisce un costante apporto del reagente catodico influenzando diretta-
mente la velocità di corrosione. La protezione catodica trova numerosissimi campi di
applicazione in ambiente marino per contrastare il fenomeno corrosivo. Viene impie-
gata nel settore navale per imbarcazioni di ogni genere e dimensioni: dagli yacht con
scafo in alluminio alle navi militari fino alle grandi navi da crociera e mercantili. Viene
usata per la protezione delle parti sommerse delle piattaforme petrolifere, a protezio-
ne delle parti metalliche sommerse delle strutture portuali e per tutti i gasdotti e gli
oleodotti sottomarini.
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