Antigone 15 Aprile 2015 | Page 5

TRADUZIONE

Di Laura Bellino e Irene Sibille

Antigone viene portata dinanzi al sovrano Creonte, dopo che una guardia l'ha scoperta mentre cercava di dar sepoltura al fratello Polinice, nonostante il divieto. Compare a testa bassa e si trova al cospetto di un re furibondo e arcigno, che le chiede di affermare o negare di aver compiuto le azioni a lei imputate. Antigone non accusa Creonte, non lo rimprovera, ma si limita ad affermare la giustizia della sua azione con parole nette e chiare. La donna non si giustifica nemmeno, perché ciò che ha fatto non ha bisogno di essere giustificato. È stata la pietà verso un suo consanguineo, suo fratello, a spingerla ad agire. Lasciare insepolto il corpo di Polinice sarebbe stato per lei un dolore immane, superiore persino alla morte. Proprio con questo atto comincia per Antigone, Creonte e tutta Tebe quel vortice quasi paradossale di inarrestabile distruzione che è caratteristico della stirpe dei Labdacidi. Il fondo di questo vortice è la completa rovina che lascia Creonte ancora vivo fisicamente, ma solo e soprattutto moralmente sconfitto.

ANTIGONE

Affermo di averlo fatto e non nego di averlo fatto.

CREONTE

Tu puoi andartene dove vuoi, libero da ogni responsabilità di colpa. Tu invece non dilungarti, sii concisa. Sapevi che un bando vietava di fare ciò?

ANTIGONE

Sì, lo sapevo. Come avrei potuto ignorarlo? Infatti era noto a tutti.

CREONTE

E allora hai osato trasgredire queste leggi?

ANTIGONE

Infatti per me non era Zeus che ha bandito questi ordini, né Dike, che abita con gli dei inferi, ha stabilito queste leggi fra gli uomini. Né pensavo che i tuoi decreti avessero un tale potere che un mortale potesse trasgredire alle leggi degli dei non scritte e incrollabili.

Queste non sono né di oggi, né di ieri, ma vivono in eterno e nessuno sa da quando sono apparse. Io non avevo intenzione, per non aver temuto la volontà arrogante di alcun uomo, di dover rispondere di fronte agli dei di queste leggi; ero consapevole infatti che sarei morta - come non esserlo? - anche se tu non l'avessi proclamato con un bando.

E se morirò prima del tempo, confermo che questo sarebbe un guadagno; infatti chiunque viva come me fra una sventura e l'altra, come può non ricavare un guadagno morendo?

Così per me avere in sorte questo destino funesto non è in alcun modo una sofferenza; ma se avessi lasciato cadavere insepolto il morto, figlio di mia madre, allora per quel fatto soffrirei. Invece per questo non posso stare in pena. E se a te sembra che ora io mi trovi ad agire da folle, forse a un folle devo la mia follia.

COMMENTO

1: L'azione puntuale espressa dall'infinito aoristo δρᾶσαι indica la rapidità con cui la giovane ha dovuto agire. Infatti l'editto di Creonte vietava non solo di dar sepoltura al corpo di Polinice, ma anche di avvicinarvisi.

2: In questo caso l'ottativo della possibilità (κομίζοις ἂν del verso 444) serve a rendere il tono sprezzante del sovrano. Creonte infatti, pieno di rabbia all'idea che qualcuno possa aver disobbedito ai suoi decreti, si sfoga verbalmente anche contro la guardia.

3: Il termine νόμος (verso 449) si trova in posizione enfatica a fine verso. Proprio la parola legge è ciò che divide i due personaggi, ciò che annienta ogni possibile situazione comunicativa, a causa dell'opposto significato che ad essa danno i protagonisti del dramma. Per Creonte il termine legge definisce le leggi scritte, le regole e i decreti dettati dal potere politico della πόλις, da lui rappresentato. Come si vedrà in seguito, per Antigone invece la parola indica l'insieme delle leggi non scritte, quelle che il γένος impone di rispettare, quelle incrollabili e salde.

4: Antigone con il κηρύξας (verso 450) riprende il κηρυχθέντα di Creonte (verso 447). Come si è notato già in precedenza, l'esatta ripresa dei termini serve a togliere ogni ambiguità alle sue parole.

5: Queste (verso 452) sono nuovamente le leggi del tiranno che Antigone non riconosce, quelle che contrastano, secondo la giovane, con la concezione del giusto e del sacro. L'espressione riprende specularmente il τούσδ᾽... νόμους di Creonte (verso 449).

6: Il soggetto del verbo ζάω (verso 457) sono i νόμιμα, le leggi non scritte. Molto particolare è quindi la scelta di questo verbo, la cui funzione è quella di sottolineare quanto queste leggi fossero importanti e radicate nell'animo di Antigone, a tal punto da indurla a trattarle come soggetti viventi.