Antigone 15 Aprile 2015 | Page 27

MANCIATE DI TERRA NELLA STORIA

Di Alberto Cormio e Celeste Mosca

Filo conduttore della vicenda di Antigone è la volontà dell’eroina di dare sepoltura al fratello Polinice: una sepoltura per cui la giovane lotta, una sepoltura per cui trasgredisce all'editto emanato dallo zio Creonte, una sepoltura per cui è disposta a sacrificare la sua stessa vita.

"Perché?" potrebbe chiedersi il lettore moderno.

La sepoltura aveva presso i Greci un valore fondamentale: il morto che non riceveva gli onori funebri era destinato a vagare senza meta per sempre, gli era precluso l’accesso all'Ade, rimaneva imprigionato in un mondo intermedio tra quello dei vivi e quello dei morti.

Ancor più importante, però, soprattutto nella cultura arcaica, era la sepoltura di un eroe. Egli viveva in funzione di ciò che i posteri avrebbero ricordato di lui, le sue azioni sarebbero state declamate e tramandate dagli aedi, i giovani lo avrebbero preso a modello; negargli i dovuti onori funebri significava negargli il κλέος, la fama, e rendeva prive di valore tutte le imprese gloriose compiute in vita.

Quello della sepoltura è un tema caro a Sofocle, centrale non solo nell’Antigone, ma anche nell'Aiace, dove è Odisseo a scontrarsi contro Agamennone e Menelao per rendere all'eroe suicida gli onori funebri, ed è presente ancora, seppur in maniera meno evidente, nelle Trachinie, in cui Eracle dà al figlio Illo precise istruzioni sulla pira funebre su cui vuole essere cremato.

Morti del Mediterraneo

Quello della mancata sepoltura è un tema che ancora oggi si ripropone sempre più terrificante ogni giorno, dalle fosse comuni nei vari conflitti ai massacri etnici, fino alla quotidiana tragedia dei migranti dispersi in mare.

Negli ultimi vent'anni un numero in costante crescita di migranti ha tentato clandestinamente di attraversare il Mediterraneo in fuga dalle guerre e dalla miseria del loro continente, in cerca di un futuro sulle coste europee, in primis su quelle della Sicilia.

Più di 20.000 i morti a partire dal 1998, dei quali, riporta l’agenzia dell’ONU per l’immigrazione, 3.419 solo nel 2014: quasi la metà dei corpi, si stima, non è stata ritrovata, e anche tra le salme recuperate molte non sono state identificate, non sono mai tornate in patria, non hanno ricevuto l’estremo saluto delle famiglie.

La mancata sepoltura non è certo il più tragico degli aspetti nella storia di queste persone, ma, soprattutto per culture nelle quali i riti funebri hanno grande importanza, come per la maggioranza dei popoli del nord Africa, è sicuramente un tassello che contribuisce a rendere la loro fine più tragica.