Antigone 15 Aprile 2015 | Page 24

LA TRAGEDIA SI FA FILM

Di Irene Sibille

Un'immagine dal film di Liliana Cavani

Un giovane uomo viene svegliato dalla sua morte apparente da un gruppo di bambini che giocano su una spiaggia, per assistere subito dopo alla loro completamente immotivata fucilazione. Il contatto con gli esseri umani che abitano quella terra è a dir poco agghiacciante; si trova davanti a una società repressiva, che lascia i suoi morti (ribelli in chissà quale ribellione) stesi a terra a monito per gli altri, e nella cui atmosfera si respira un clima di paura che sfocia nell’asettica eliminazione di qualsiasi residuo di umanità dalle persone. Solo una giovane donna - Antigone - è decisa a seppellire il cadavere del fratello nonostante la minaccia di morte che grava sulla testa di chiunque ci provi. Il giovane la aiuta, con conseguenze che per entrambi si risolvono in un’inevitabile tragedia.

Sotto l’influenza dei movimenti politici che caratterizzano la società della sua epoca, Liliana Cavani tenta ne I Cannibali (1970) di riscrivere in forma cinematografica l’Antigone di Sofocle: un’idea di base valida, che rende Antigone l’eroina simbolo della riscoperta dei valori umani e naturali, ma piuttosto faticosa poi nella realizzazione: l’impressione generale che resta dopo i titoli di coda è di aver visto un accumulo di immagini metaforiche vaghe e confuse, senza un filo conduttore preciso.

Una nota positiva si dimostra la scelta dell’ambientazione: una Milano grigia e cupa, in cui campeggia la scritta “Morte a chi tocca i corpi dei ribelli” in diverse lingue, fa da sfondo alla tragica vicenda dei protagonisti, che non possono fare altro che soccombere sotto il peso di un regime liberticida dai connotati tipicamente dittatoriali. A completare il tutto, costumi militareschi e sobri anche per i pochi civili, tranne appunto il giovane Tiresia, vestito