Antigone 15 Aprile 2015 | Page 11

Che ragionamenti contorti! Me li sarei aspettati dal povero Hölderlin, ormai in preda alla pazzia. È un peccato che un così grande traduttore e poeta sia ridotto ormai in questo stato, che gli ha impedito di presentarsi quest'oggi.

Ma io non penso che sia necessario un sistema così complesso. Hegel tutto sommato mi ha però fornito uno spunto di riflessione: penso si possa dire molto di più, infatti, riguardo l'autocoscienza di Antigone. Hegel ha posto l'accento sulla distinzione tra eroe tragico ed eroe epico, sostenendo che il primo non sia totalmente passivo davanti al destino, ma che lo subisca attivamente, quindi consciamente. Ho apprezzato, a tal proposito, uno dei pochi interventi di Schelling, in cui egli sosteneva che la lotta dell'individuo contro lo strapotere del fato sia essa stessa espressione della libertà, anche se destinata a fallire.

E non è forse questa consapevolezza quanto di più caratterizzante in Antigone? Lei sola è al corrente del destino maledetto che grava sulla stirpe, e con chi mai potrebbe condividerlo? Ed è proprio questa condizione a generare quell'angoscia che inevitabilmente la porterà ad isolarsi. E quest'angoscia è ben più profonda della sofferenza causata dall'esistenza stessa, in quanto ha origine nella coscienza di sé e della propria condizione. Antigone, impossibilitata a condividere questo peso con chicchessia, diventa massima espressione della singolarità umana. E come potrei non capire, io che so bene quanto le colpe dei padri ricadano sui figli1, quanto la affligga questa condizione?"

Gli effetti di questa conferenza e di queste considerazioni si potranno chiaramente avvertire nell'opera Aut-Aut scritta tredici anni dopo, nel 1843, nella quale Kierkegaard ritornò sul tema di Antigone.

1Si ricorda che il padre di Kierkegaard, di umili origini, si arricchì dopo aver maledetto Dio; a questo seguirono morti premature dei figli, motivo per cui lo stesso Kierkegaard si convinse che su di lui gravasse la stessa maledizione che aveva afflitto il padre.

Georg Wilhelm Hegel

Søren Kierkegaard