100% Fitness Mag - Anno VIII Luglio 2014 | Page 71

auspicare che le indagini penali sia in grado di risalire all' indirizzo IP da cui è partito il commento diffamatorio, al fine di identificare il colpevole. A ciò va aggiunto il fatto che nel tempo (non breve) delle indagini preliminari il commento diffamatorio rimarrebbe comunque visibile a tutti. Questo perché tali siti non solo non chiedono ai propri utenti di registrarsi per poter postare i loro commenti ma addirittura non esigono neanche la prova di aver soggiornato realmente presso quella struttura o di aver mangiato in quel ristorante che viene poi negativamente recensito. Conseguenza di tutto ciò è che ci si trova sempre di fronte a commenti anonimi privi di qualsiasi riscontro. Tale anonimato (tra l’altro fortemente difeso dagli stessi proprietari di tali siti i quali, proprio in ragione di una tale politica tesa alla tutela del diritto alla privacy dei propri utenti, hanno previsto espressamente nel proprio regolamento di non fornire mai, a terzi, gli indirizzi e.mail dei propri recensori, fatta eccezione solo per i propri partner commerciali) potrebbe costituire un deterrente per la proposizione di un’eventuale querela per diffamazione. L’intraprendere o meno la strada della denuncia penale sarà, comunque, una scelta da ponderare attentamente ed unitamente al vostro avvocato di fiducia. Ben diversa, ma altrettanto incisiva, potrebbe invece essere l’azione civile, che si sostanzierebbe tramite una formale diffida stragiudiziale al titolare del sito web e, nel caso la stessa non sortisca alcun effetto, all’ attivazione di un procedimento finalizzato alla richiesta di un risarcimento del danno di immagine. Questo perché il titolare del sito web è sempre responsabile dei contenuti diffamatori pubblicati sul proprio sito. A nulla vale che nelle "condizioni d'uso" siti web come TripAdvisor declinino sostanzialmente ogni responsabilità per i commenti di terzi. Và sottolineato, inoltre, che tali siti, corrono anche il rischio di essere condannati da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato al pagamento di una sanzione amministrativa ai sensi del D.lgs. 146/2007 art. 20, 21 e 27, per pratiche commerciali scorrette. Anche tale soluzione andrà, sempre, disquisita col vostro avvocato. La materia richiederebbe ulteriori precis