SALUTE & BENESSERE
L’angolo degli esperti
ODONTOIATRA
FATTORI DI RISCHIO
per la malattia parodontale:
Placca batterica
La colonizzazione delle
superfici dentali da parte
dei batteri è riconosciuta
come il fattore eziologico
principale per lo sviluppo
della malattia parodontale.
Fattori genetici e familiari
Studi effettuati su gemelli
omozigoti hanno evidenziato che l’ereditarietà
gioca un ruolo importante in almeno la metà dei
pazienti affetti da malattia
parodontale.
I batteri responsabili della malattia parodontale si
trasmettono per via orale.
Per questo motivo l’American Academy of Periodontology raccomanda
di sottoporre a visita parodontale accurata tutti i
membri della famiglia se
uno di loro è affetto.
Tartaro
La presenza di tartaro,
specie
sottogengivale,
impedisce un’adeguata
rimozione della placca
maggiormente patogena
e impedisce ai pazienti
di attuare un adeguato
controllo della stessa. Il
tartaro rappresenta il fattore più importante nella
ritenzione della placca
e, pertanto, facilita tutti
i processi infiammatori
che comportano anche
la produzione di tossine
coinvolte nell’insorgenza
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della parodontite.
Fumo
Diversi studi longitudinali
confermano che il fumo è
il primo fattore di rischio
ambientale per malattia
parodontale. Più si fuma
maggiore è il rischio di
sviluppare la malattia, per
di più in forma grave. Il
fumo è in grado di causare recessione gengivale e
riassorbimento osseo anche in assenza di malattia
parodontale.
Patologie sistemiche
Il diabete insulino dipendente, la sindrome
di Down, l’artrite reumatoide, l’infezione da
HIV sono patologie che
rendono l’individuo più
suscettibile alla malattia
parodontale.
- La stessa maggiore suscettibilità può essere anche causata dall’utilizzo
di taluni farmaci come gli
steroidi, le ciclosporine, i
contraccettivi orali, i calcio antagonisti, etc.
- La malattia parodontale, responsabile di una
situazione di infiammazione cronica con rilascio
di mediatori infiammatori
in circolo, rappresenta,
inoltre, un fattore di rischio per le cardiopatie
coronariche, il diabete,
il parto pre-termine e la
nascita di neonati di basso
peso rispetto all’età gestazionale.
La terapia causale (iniziale), in aggiunta alla terapia meccanica non chirurgica, deve comprendere l’informazione,
l’istruzione e la motivazione del paziente ad una corretta
igiene orale, specie quotidiana domiciliare.
L’odontoiatra deve fornire, a ciascun paziente, un modello
comportamentale riguardante l’igiene orale personale rapportato alle proprie necessità.
Le istruzioni di igiene orale devono riguardare le metodiche appropriate di rimozione meccanica della placca
batterica del cavo orale mediante l’utilizzo di spazzolino e
strumenti per la pulizia delle superfici interprossimali.
Il controllo meccanico della placca sopragengivale può essere affiancato da un controllo chimico (collutori).
La terapia meccanica non chirurgica deve costituire il trattamento di base della malattia parodontale e consiste nella
strumentazione meccanica, sopra e sottogengivale, delle
superfici radicolari, allo scopo di renderle biologicamente
compatibili con i tessuti parodontali mediante l’eliminazione dei depositi duri e molli.
Il trattamento meccanico può essere effettuato con strumenti manuali, ad ultrasuoni e sonici.
La maggior parte dei pazienti affetti da parodontite, con
corretto controllo di placca, può essere trattata con successo con terapia non chirurgica se associata ad una efficace
terapia di supporto.
La terapia chirurgica deve essere considerata un mezzo aggiuntivo alla terapia causale e alla terapia meccanica non
chirurgica.
Obiettivo primario della terapia chirurgica è quello di instaurare una morfologia gengivale, ossea, dentale fisiologica in modo da aumentare la conservazione a lungo termine
del parodonto.
La terapia antibiotica, con l’eccezione delle infezioni acute,
non deve essere somministrata in assenza di una precedente
terapia meccanica ed in assenza di un controllo ottimale
della placca da parte del paziente poichè i biofilm proteggono efficacemente i batteri patogeni dagli agenti antimicrobici.
Alla fine della terapia causale e correttiva, il paziente deve
essere inserito in un sistema di richiami finalizzato alla prevenzione di eventuali recidive della malattia.
L’intervallo fra i vari appuntamenti deve essere, sempre,
rapportato alla capacità del paziente di mantenere un adeguato standard di igiene (un programma di mantenimento
basato su richiami ogni tre mesi è, nella maggior parte dei
pazienti, efficace per prevenire la recidiva di malattia).