100% Fitness Mag - Anno III Dicembre 2009 | Page 24

eseguendo un’azione correttamente, ma sbagliando completamente strategia o seguendo una regola errata o non adatta al contesto: per esempio, investire i propri risparmi in azioni quando i giornali parlano del crollo della Borsa. Un mondo a prova di svista. La reazione più frequente di fronte a un errore, di qualunque genere, è dare la colpa alla distrazione o alla negligenza, come se fosse possibile agire in maniera perfetta, con un pizzico di concentrazione in più. Ma è cosi? E’ possibile, sforzandosi non sbagliare mai? No. L’errore umano non è eliminabile, gli errori di esecuzione, per esempio, sono dovuti a una tendenza tipicamente umana, quella di non compiere atti sempre identici ma di introdurre variazioni inconsapevoli, e quindi di incorrere in errori. Molte presunte sbadataggini, poi, sono frutto delle capacità umane di fare più cose per volta, per controllare meglio l’ambiente. Gli errori per scarsa conoscenza, inoltre, sono addirittura auspicabili: non possiamo sapere tutto, soprattu tto in ambienti che non ci sono familiari. Per fortuna se facessimo sempre le cose per bene il progresso non esisterebbe, ripeteremmo gesti uguali. I migliori fanno quelli peggiori. Non tutti gli errori, però hanno le stesse conseguenze, se si esce di casa in pigiama si rischia solo di fare brutta figura, se si invertono sacche di plasma di diverso gruppo sanguigno le conseguenze possono essere fatali. Come è possibile che anche professionisti altamente specializzati siano distratti? La questione è stata affrontata recentemente dai maggiori esperti in materia, gli specialisti dei disastri. Non è mai frutto di un unico errore, ma deriva da una catena di errori che spesso si verifica in condizioni irripetibili. E per rendere l’idea, ha elaborato la cosiddetta “teoria groviera dell’errore”: ogni sistema complesso, per esempio la rete di trasporto aereo alla centrale nucleare, ha quattro possibili livelli di errore, quelli organizzativi (es. turni di lavoro troppo lunghi), gestionali (es. scarsa leadership), latenti (es. stanchezza, attriti tra colleghi) e attivi (es. violazioni di procedure, 24 | 100% Fitness Magazine dimenticanze). Ognuno, come fette di groviera, può avere singoli buchi, ma solo quando i buchi si allineano, può verificarsi l’incidente. A scuola dagli errori. La soluzione migliore non è la punizione esemplare dei responsabili, ma rafforzare le difese del sistema. Molte innovazioni tecnologiche ai sistemi di sicurezza sono nate dall’analisi di incidenti, a partire dal cosiddetto “uomo morto”, un pedale a pressione introdotto sui treni dal dopoguerra, che si può azionare solo se il macchinista è sveglio, fino al più sofisticato sistema Galileo di rilevazione a distanza della posizione terrestre dei treni, che automatizzerà velocità e distanze di sicurezza. Ma anche la tecnologia quotidiana impara dai nostri errori. Sempre più spesso i designer inseriscono negli oggetti quotidiani delle “forcing functions”, barriere che puntano a rendere felici le azioni giuste e impossibilio reversibili quelle sbagliate. Per esempio? Gli sportelli bancomat, che ci restituiscono prima la tessera, dopo i soldi, per evitare di dimenticarsela, come accadeva in passato. O la leva del cambio automatico montata in molte auto americane, che non fa partire l’auto se non si trova sulla posizione P, cioè sosta, invece che trovarsi già a marcia avanti o indietro. Nascondere o confessare? Noi stessi impariamo più i tentativi ed errori, come accade nel mondo naturale, dall’ameba alla zebra, che dal ragionamento. Uno studio sul cervello condotto dall’Università di Wurzburg (Germania) ha addirittura scoperto quali neuroni valutano le esperienze fatte, insegnando come comportarsi in futuro: sono quelli dopaminergici, che associano stimoli ed esperienze negative (per esempio un cattivo odore a un cibo avariato). Un secondo studio, misurando i segnali elettrici cerebrali, successivi a un quiz, ha dimostrato che non impariamo solo dai nostri sbagli ma anche da quelli altrui, e lo facciamo con la stessa parte del cervello, la corteccia cingolata anteriore. Ma se è cosi, da dove nasce la tentazione di vergognarci degli errori, e biasimare gli altri per sbagli da cui invece si impara? La tendenza a colpevolizzarsi è nata in epoca moderna, innescata dalla competizione tra l’uomo, fallibile, e la macchina, infallibile. Qual è allora la migliore reazione quando sbagliamo? Le strade sono tre. Possiamo vergognarcene, e quindi cercare di nasconderlo, ammetterlo pubblicamente e metterci in discussione, oppure incapsularlo, cioè legarlo in un particolare contesto. Nel primo caso, prima o poi lo ripeteremo in modo identico, nel secondo troveremo una soluzione innovativa per evitarlo, nel terzo ci ritroveremo in circostanze simili. E probabilmente lo rifaremo.