100% Fitness Mag - Anno III Dicembre 2009 | Page 18
L’angolo degli esperti ► psicologia
Il diabete infantile:
impatto e vissuti della malattia
nella famiglia del bambino
Dottoressa
Giuliana Apreda
Psicologa
Psicoterapeuta della
Famiglia
Cell. 334.5462281
S
ebbene la malattia diabetica non comporti modiche corporee esteriori, né
alterazioni della capacità attentive e
una corretta osservanza del regime terapeutico consenta di mantenere condizioni generali soddisfacenti, la diagnosi di malattia e quindi
la stessa cronicità, la complessità del regime, la
frequenza dei ricoveri ospedalieri e le restrizioni
dietetiche rappresentano un evento traumatico
nella storia di una famiglia e rendono necessaria
una riorganizzazione pratica della gestione familiare con continue e pesanti interferenze nella vita
emotiva del paziente.
J. de Ajuriaguerra (1979) articola in tre fasi l’evoluzione delle reazioni familiari all’insorgenza dei
sintomi della patologia al momento della diagno-
si:
- il periodo dello shock iniziale
- il periodo della lotta contro la malattia
- il periodo di riorganizzazione ed accettazione
Durante i primi giorni, che generalmente coincidono con un ricovero ospedaliero per accertamenti, si manifestano prevalentemente emozioni
confuse, caratterizzate da ansietà, incredulità,
stordimento; alcuni genitori possono sperimentare uno stato di continua tensione e preoccupazione, altri manifestano sintomi depressivi.
Le fasi indicate possono variare infatti per durata
e gravità da una famiglia all’altra: in certi casi lo
shock iniziale è di breve durata e tale da venire superato in modo adeguato, in altri è talmente grave
da produrre una completa disorganizzazione.
IL PERIODO DELLO SHOCK INIZIALE
La diagnosi di malattia cronica determina vissuti angoscianti (frasi del
tipo: “C’è crollato il mondo addosso”, “E’ stata una mazzata tremenda”,
E’ come se mi avessero squartato”
sono alcuni esempi), di fronte ai
quali vengono messe in atto diverse
modalità difensive. Steinhauer e coll.
(1977) hanno evidenziato che una reazione molto diffusa all’esordio della malattia è il diniego (rifiuto della
percezione di un fatto che s’impone
nel mondo esterno) che si manifesta
con incredulità alla diagnosi. Tale
reazione difensiva, che inizialmente
può risultare adattiva rispetto alla
difficoltà ad accettare e superare il
trauma, porta talvolta alla penosa ricerca di un parere diagnostico diverso o addirittura d’interventi risolutivi magici e obiettivamente inefficaci
(es. pranoterapia).
Se tale atteggiamento si protrae ed
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è associato ad aggressività e risentimento verso il personale sanitario
può ostacolare la comunicazione con
i medici e quindi l’accettazione della malattia e delle cure. Al diniego
possono essere associati o far seguito sentimenti d’ansia e depressione.
Sebbene l’eziopatogenesi del diabete
sia plurima, la componente d’ereditarietà si traduce spesso in un senso
di colpa che può manifestarsi nell’eccessiva tolleranza e iperprotettività
verso il figlio malato. Inoltre molti
genitori si colpevolizzano ritenendosi la causa della patologia del figlio o
per non averlo seguito in modo adeguato o per aver favorito l’insorgenza
della malattia attraverso un’alimentazione sbagliata. La malattia viene
quindi vissuta come una giusta “punizione” alla propria inadeguatezza
parentale, vissuto drammatico che
determina stati di profonda depres-
sione e prostrazione.
Alcuni autori (Ricci Bitti, 1977) hanno notato una reazione aggressiva dei
genitori verso il figlio malato. Per
alcuni infatti, la malattia viene vissuta come “ferita narcisistica” che può
scatenare aggressività nei confronti
del figlio identificato come la causa
frustrante.
Una tale reazione, inizialmente giustificata dall’impatto con un evento
che comporta, di per se, una grossa “perdita” (perdita della salute in
quello che precedentemente era
considerato come un figlio sano),
può costituire nel tempo un grave
ostacolo al normale processo di autonomizzazione. Solitamente infatti,
la medesima iperprotettività materna viene interpretata come reazione
al senso di colpa derivante dal rifiuto
e dall’aggressività per la ferita narcisistica subita.